
LA NOSTRA STORIA
Il monastero di Uçhisar attende una nuova comunitÃ
Alla fine dell'impero romano, il mondo era alla rovescia: la Turchia risplendeva di cristianesimo: l’Italia era ancora terra ampiamente pagana e Roma era una succursale periferica della nuova fede nata a Oriente, e posti come le Alpi erano irriducibilmente attaccati agli dei antichi.
La storia che riguarda Casa Betania inizia alla fine del IV sec. d.C., quando s. Vigilio, vescovo di Trento scrive a s. Ambrogio a Milano: «Come guidare la Chiesa di questa città affinché si apra all'evangelizzazione delle vallate? Quale metodo impiegare perché i pagani si volgano a Cristo, stella radiosa del mattino?».
Dopo qualche mese arriva la risposta: caro Vigilio, avrai tre giovani dalla Cappadocia; hanno accolto il mio invito e verranno da te non per mesi o anni, ma per sempre. Vigilio esulta e annuncia la bella notizia alla sua gente. I giovani ardenti di fede - Sisinio, Martirio e Alessandro - arrivano e si stabiliscono in Val di Non, verso il Passo del Tonale, ma la tensione si alza subito. È maggio, festa di Saturno, e per tradizione si abbatte un toro. Ma una famiglia, battezzata, rifiuta di partecipare alla festa di paese. Non era mai accaduto. La folla, inferocita, accusa dello sgarro i tre forestieri adoratori di un altro dio, invadono la loro casa, colpiscono Sisinio con una scure, ne fanno strazio, poi Martirio viene trafitto da pali. Alessandro, ancora vivo, è legato ai due corpi e portato sul rogo dove muore tra le fiamme. Scriverà, affranto, Vigilio: «Così ripaghi il Signore, popolo stolto e insipiente?». Poco a poco la gente si ravvede, le conversioni si susseguono e infine i tre missionari dalla Cappadocia diverranno i santi protettori del Trentino.
Nel milleseicentesimo anniversario del martirio dei tre giovani missionari, l’Arcivescovo di Trento volle esprimere la gratitudine della Chiesa trentina a quella dell’Anatolia aprendo in Cappadocia, a Uçhisar, una piccola comunità di preghiera, con uno stile monastico semplice, fatto di preghiera, lavoro manuale, buon vicinato e accoglienza di pellegrini cristiani di passaggio. L’intento di tale gesto era ristabilire un legame con questo luogo pieno di memorie cristiane da cui il Trentino aveva ricevuto il dono del Vangelo.
Così, per 20 anni, dei laici consacrati hanno abitato Casa Betania, pregando, lavorando e accogliendo pellegrini. Non essendoci più ricambio di persone, la Diocesi dell’Anatolia, dal 2018, ha deciso di usare la casa per gli stessi scopi e il vescovo vi trascorre parte dell’anno.